Salva Italia, ACE: emanato il 14/03/2012 il decreto attuativo

È stato emanato il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 14 marzo 2012 sull’Aiuto alla crescita economica (ACE) disposto per le imprese che rafforzano la propria struttura patrimoniale.

Il decreto, in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è emanato in attuazione dell’art. 1 del decreto “Salva Italia” (decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214).

Il decreto attuativo dell’Aiuto alla crescita economica è stato pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 66 del 19 marzo 2012.

Il provvedimento disciplina la misura di incentivazione del capitale proprio immesso nell’impresa che opera con modalità diverse per le imprese assoggettate a Ires e per quelle assoggettate a Irpef, anche in considerazione della diversa rilevanza giuridica del patrimonio netto..

Nello specifico, sancisce che il rendimento nozionale del capitale proprio è fissato da decreti ministeriali che devono essere emanati entro il 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento. Per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 20111, il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio investito nell’impresa è fissato al 3%.

L’importo del rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato può essere computato in aumento dell’importo deducibile dal reddito complessivo netto dei periodi d’imposta successivi.

Fornita anche la definizione di patrimonio netto. Il capitale proprio esistente alla data di chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 è costituito dal patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tener conto dell’utile dello stesso esercizio. È, comunque, previsto un limite per tale patrimonio netto. In ciascun esercizio la variazione in aumento non può eccedere il patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, ad esclusione delle riserve per acquisto di azioni proprie.

Esclusi gli accantonamenti alle riserve del tutto indisponibili

–         Non rilevano per l’Ace le destinazioni di utili a riserve alimentate da processi di valutazione e a quelle non utilizzabili né per la distribuzione, né per copertura perdite né per aumento di capitale. È dunque valido l’accantonamento di utili alla riserva legale. Questo è quello che si deduce da quanto previsto dal decreto attuattivo.

 

–         Nella prospettiva di incentivare il rafforzamento della struttura patrimoniale delle imprese, quindi nel tentativo di rilanciare l’economia anche grazie all’introduzione di benefici fiscali, il D.L. 201/2011 ha introdotto l’Ace (Aiuto alta crescita economica). Le finalità della norma è quella di riequilibrare il trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito e imprese che si finanziano con capitale proprio, in pratica, l’articolo 1 del Dl 201/2011 disciplina una riduzione delle imposte sui redditi commisurata all’entità dell’avvenuta capitalizzazione dell’impresa. La patrimonializzazione può avvenire in via diretta o indiretta. In via diretta, per il tramite di conferimenti di denaro da parte dei soci. In via indiretta per il tramite della destinazione degli utili prodotti a riserva.

 

–         Dal testo della norma risulta infatti che costituiscono variazioni in aumento gli utili accantonati a riserva, a partire dall’inizio dell’esercizio in cui le relative riserve sono formate, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili. Tale ultima condizione poneva rilevanti problematiche in quanto l’operazione più delicata diventava l’individuazione della quota di utili destinata a riserve non disponibili. Il passaggio normativo (art. 1, co. 5, D.L. 201/2011), era particolarmente incomprensibile poiché a differenza del precedente Dit (in cui veniva citata una sola riserva non computabile, cioè quella per valutazione delle partecipazioni con equity method ex art. 2426, punto 4, Codice civile), nell’attuale disposizione il Legislatore utilizza il termine ambiguo “riserva non disponibile”. Il concetto di riserva non disponibile non è dichiarato nella disciplina bilancistica, nel senso che in alcuni punti si cita il termine non disponibile, in altri il termine non distribuibile. Inoltre, vi sono riserve completamente indisponibili e riserve parzialmente indisponibili, non essendo chiaro se l’obiettivo del Legislatore era quello di eliminare dall’Ace qualunque utile allocato in riserva non del tutto disponibile ovvero solo quello di non considerare le riserve totalmente indisponibili.

 Decreto attuativo

 A far luce sulla intricata situazione è intervenuto il decreto attuativo approvato dal ministero dell’Economia e delle Finanze, il quale ha precisato che tra le riserve indisponibili, che non possono considerarsi ai fini dell’agevolazione, si comprendono quelle generate da valutazioni di poste di bilancio (ad esempio, valutazione di partecipazioni con il metodo del patrimonio netto e utili su cambi non realizzati), nonché le riserve che, per disposizione di legge, sono non distribuibili, inutilizzabili per aumenti di capitale e per copertura perdite. Tale impostazione permette di affermare che le riserve legali, come le riserve indivisibili delle società cooperative, rientrano a pieno titolo nell’Ace, ancorché su esse gravino dei vincoli di parziale indisponibilità. Inoltre, si precisa che qualora le riserve vengano liberate queste diventeranno rilevanti ai fini Ace.