DIRITTO

Sanzione penale a chi occulta fatture reperibili dai clienti (di IORIO)

Il contribuente risponde del reato di occultamento o distruzione di scritture contabili se i verificatori non rinvengono alcune fatture, reperite, successivamente, presso i clienti. A chiarirlo è la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza 38224 depositata il 28/10/2010. Al titolare di un’impresa meccanica veniva contestato l’occultamento o la distruzione delle scritture contabili in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari, in quanto la Guardia di finanza non aveva rinvenuto alcune fatture, acquisite, invece, presso i clienti. Il Gip assolveva il contribuente ritenendo che il fatto non costituiva reato, atteso che non era possibile stabilire se, il mancato rinvenimento, si riferisse a un’omissione originaria, facendo venir meno tanto l’occultamento quanto la distruzione, o a una sopravvenuta attività di eliminazione invece penalmente rilevante. Ricorreva per Cassazione il pubblico ministero il quale, al contrario, evidenziava che l’omessa conservazione delle scritture contabili era provata e integrava quindi il reato in questione atteso che, nella specie, le fatture erano state sicuramente emesse e consegnate ai clienti dell’impresa. Il delitto previsto dall’articolo 10 punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l’Iva, o di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari. La Corte ha innanzitutto ricordato che per la configurazione di questo delitto, oltre al dolo specifico di evasione, deve verificarsi l’impossibilità di ricostruire il volume di affari o dei redditi. Tale impossibilità è di tipo relativo, cioè deve essere riferita alla situazione interna aziendale, e non assume rilevanza se, in concreto, sia possibile procedere alla ricostruzione mediante elementi e dati raccolti all’esterno e in modo indiretto. Occorre, inoltre, la prova dell’istituzione dei documenti contabili in questione. Nel caso di specie, conclude la sentenza, era stato accertato che le fatture erano state emesse per prestazioni a favore di clienti presso cui poi sono state anche reperite. Da qui la sussistenza del reato. Va evidenziato che il giudice di primo grado aveva dato atto dell’oggettiva impossibilità di ricostruire, nel caso di specie, il volume di affari, e che l’avvenuta acquisizione delle fatture presso i clienti non aveva avuto effetto sanante. La circostanza appare importante, altrimenti potrebbe ipotizzarsi una condotta penale ogni qualvolta non vengano rinvenuti dai verificatori documenti fiscali regolarmente contabilizzati e dichiarati.

Fonte: ilsole24ore del 29 ottobre 2010